di Patrizia Bonelli- patbonelli(at)gmail.com

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"Il Mediterraneo è mille cose nello stesso tempo. Non un paesaggio, ma molti paesaggi. Non un mare, ma molti mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà una dopo l'altra".

"The Mediterranean is thousand things together. Not a landscape but many landscapes. Not one sea but many seas. Not a civilization, but a series of civilizations one after the other" Fernand Braudel

venerdì 21 gennaio 2022

Il pianeta azzurro: Settembre a Ventotene, l’ isola Pontina più a sud, di Patrizia Bonelli

 L’antica Pandataria, l’isola vulcanica  più vicina a Roma,  priva di acqua dolce e usata in passato come luogo di esilio e di detenzione, ha trovato un nuovo equilibrio idrico grazie al dissalatore istallato già da qualche tempo, dopo essere stata approvvigionata per gran parte della seconda metà del’900 al 2017 dalle navi cisterna.

L’ isola è stata oggetto di molti studi tra cui quello dell’Istituto Scholè Futuro, ed  è stata inserita nel progetto Hydria sugli antichi metodi di raccolta, conservazione e distribuzione dell’acqua dolce nei paesi del bacino del Mediterraneo. www. hydriaproject.info .  IL progetto poi è entrato nel circuito dei musei dell’acqua.



La splendida Villa Giulia, di cui ormai restano pochi ruderi, prende il nome dalla figlia di Augusto che per prima fu esiliata in quel luogo e, dopo di lei, molte signore di
  rango imperiale. La villa era rifornita di acqua da un sistema che si basava esclusivamente sulla raccolta di acqua piovana. Delle 6 cisterne originali ne rimangono solo due, la più grande  di raccolta sulla parte più alta dell’isola, l’altra, Villa Stefania un poco più in basso, per l’ossigenazione dell’acqua e perciò caratterizzata da corridoi in cui l’acqua fluiva. Le cisterne raccoglievano dagli edifici e dalle strade l’acqua piovana, che, dopo essere stata depurata,  scorreva fino alla villa dove riforniva  piscina, fontane e persino una peschiera. Con la fine dell’impero romano, l’isola fu  abbandonata per secoli.  Alla fine del ‘700 i Borboni decisero di tipolarla e fecero costruire  il centro abitato   principalmente da galeotti che dormivano nella cisterna più grande,  poi chiamata dei carcerati. Le case  erano tutte provviste di una piccola cisterna propria.

La costruzione più prestigiosa dei Borboni  fu, nell’800, il carcere panottico di Santo Stefano, l’isolotto accanto a Ventotene. Seguendo indicazioni illuministe,   il carcere  fu costruito a ferro di cavallo in modo che dalla torretta  centrale si potessero controllare tutte le celle che affacciavano all’interno, “panottico”  appunto. Il cortile interno poi era fatto come le valve di due conchiglie che convogliavano l’acqua piovana,  nella cisterna sottostante.


Oggi il carcere di Santo Stefano è spettrale, uno spirito inquieto per la sofferenza di chi
  vi fu imprigionato, soprattutto briganti ed ergastolani  la cui sorte, prima di quel carcere, sarebbe stata la pena capitale.  Poi vi furono detenuti anche gli oppositori al regime come Sandro Pertini, infine tutta l’isola di Ventotene divenne luogo di confino degli antifascisti. Il carcere fu utilizzato fino al 1965 e uno dei suoi ultimi direttori è ricordato per la sua amministrazione illuminata che consentiva  ai detenuti, anche ergastolani, di lavorare e di avere una vita sociale attiva. Si possono ancora  vedere i terrazzamenti utilizzati per le coltivazioni.  A dimostrazione della familiarità del direttore con i reclusi, sua figlia si sposò nella cornice  del carcere. Ma il piccolo cimitero di croci senza nome accanto al carcere fa male al cuore.Dopo che per anni si è cercato di vendere senza successo il carcere e l’intero isolotto di Santo Stefano  a privati, oggi sembra che il comune voglia restaurarlo e riportarlo alla sua forma originaria per farne un museo e di utilizzare come albergo i manufatti aggiunti nel tempo. Rimaneva aperto il problema dell’acqua dolce,  alla fine del ‘900 si era completamente persa l’abitudine di raccogliere l’acqua piovana e le navi cisterna rifornivano l’isola con grave onere di spesa per la regione Lazio. Oggi con il dissalatore, l’isola ha di nuovo conquistato la propria autonomia e i ventotenesi sono diventati più  responsabili sul consumo dell’acqua. Oggi, infatti,   tutti coloro che hanno un orto o un giardino hanno ripristinato l’uso delle cisterne e raccolgono l’acqua piovana per l’irrigazione.

Il dissalatore non è privo di problemi,  prima fra tutti la mancanza di mineralizzazione dell’acqua, ma sono comunque in via di soluzione.

La vocazione di Ventotene è il mare si pratica molto il diving e lo snorkeling,  c’è una scuola di vela  molto frequentata,  un centro ornitologico di antico insediamento  con il museo della migrazione. Soprattutto l’isola non è diventata “radical chic”, è rimasto un ambiente popolare con  la grande piazza del comune piena di bambini che giocano e anziani che prendono il fresco.