Gli acquedotti napoletani tra usi civili
e grandeur imperiale, di Patrizia Bonelli (Roma)
e grandeur imperiale, di Patrizia Bonelli (Roma)
Dopo le cisterne di Ventotene, l'Associazione Scholé Futuro partecipa al progetto Hydria con un caso di studio sugli antichi acquedotti di Napoli.
www.hydriaproject.net
Acquedotti sotterranei napoletani
Tre gli antichi acquedotti che fino alla fine dell’1800 hanno rifornito Napoli di acqua dolce, il Bolla di origine greco romana, l’ Augusteo (o Serino o Claudio) di origine imperiale ed il “ Carmignano” del 1600. Tra questi il Bolla è quello che ha fornito l’acqua alla popolazione del centro di Napoli per più di due millenni. Le sue fonti erano sul Monte Somma e le acque venivano raccolte a circa 19 m sul livello del mare. Dopo un tratto di circa 8 km il suo flusso arrivava in città, vicino la fontana di Formiello, leggermente a nord di porta Capuana a circa 13 metri sul livello del mare.
La scarsa altezza sul livello del mare e la pendenza insufficiente non consentivano un uso industriale del flusso dell’acqua né il funzionamento di fontane. Perciò dentro la città l’acquedotto rimaneva ad esclusivo uso domestico e l’acqua veniva presa dai pozzi o dalle cisterne che si aprivano nei cortili o sulle strade, ma anche dentro i palazzi e persino dentro gli appartamenti.
La rete urbana interna di distribuzione dell’acqua risale al periodo greco e romano e si sviluppò durante il periodo Angioino (13° secolo d.C.) con il canale di S. Giovanni a Carbonara. Tutti gli edifici nella parte bassa della città, ai piedi della collina del Vomero, ricevevano acqua attraverso una stretta rete di canali di modesta inclinazione scavati nel tufo che si diramavano lungo o sotto le strade a seconda dei periodi, mentre i quartieri più in alto soffrivano di carenza di acqua. Quei canali rifornivano diversi serbatoi dai quali gli abitanti prendevano l’acqua attraverso pozzi scavati nella parte superiore del suolo situato nei cortili interni degli edifici o direttamente al loro interno.
L’origine delle cave
Gli edifici di ogni dimensione e importanza erano state costruite infatti direttamente sulle cave che avevano fornito i materiali per la loro costruzione. Il tufo è un ottimo materiale di costruzione, e gli enormi palazzi e le ville furono costruite con grandi blocchi di questa splendida pietra scavata dalle cavità sotterranee. Le cave, spesso utilizzate come serbatoi, sono delle stesse dimensioni degli stessi edifici, essendo state create con l’unico scopo di ottenere materiale di costruzione.
Questo dimostra che, molto probabilmente, "La Napoli di sopra" non sarebbe esistita se non fosse stato per "la Napoli sotterranea ".
Nel suo rapporto del 1884 l’ingegner Melisurgo, rappresentante delle autorità di bacino napoletane , dopo aver ispezionato e controllato personalmente l’ acquedotto, descrisse la rete fatta da canali sotterranei irregolari a sezione variabile, mai ad andamento diritto per non più di 10 metri. Sebbene fosse impossibile disegnare una mappa completa dei sotterranei , disse che se si fosse potuto disegnare una sezione del sottosuolo napoletano da 12 metri sottoterra fino al livello del mare, si sarebbe potuto vedere l’acquedotto Bolla come un enorme tronco da cui si dipartivano numerosi grossi rami che si dividevano, si moltiplicavano ed si incrociavano l’un con l’altro in una miriade di più piccoli contorti o diritti, che terminavano in ogni caso in un pozzo.
A Porta Capuana, alla fine del 19° secolo, il flusso dell’acqua era di 14.000 metri cubi al giorno.
Al tempo dei vicerè infatti Napoli era cresciuta oltre misura e le forniture e le captazioni dell’acqua lungo l’acquedotto, sia legali che abusive, erano diventate innumerevoli. In ogni caso la maggioranza della popolazione si riforniva ai pozzi pubblici, il cui numero a seconda delle diverse fonti era tra i 3.700 e i 9.000 .
L’acquedotto era gestito dai pozzari che conoscevano molto bene questa rete complicata. La città sotto assedio fu conquistata due volte, nel 536 da Belisario e nel 1442 dalle truppe di Alfonso I di Aragona, al comando di Diomede Carafa, a causa del tradimento dei pozzari che indicarono il percorso agli invasori.
Fino all’ultima guerra mondiale ci si poteva muovere per chilometri di rete di canali; allora le cisterne sotterranee furono usate come rifugi anti aerei. Inoltre, enormi quantità di rifiuti e i detriti degli edifici crollati per i bombardamenti furono gettati nel vecchio acquedotto. Si stima che solo il 30% della rete sia attualmente accessibile, mentre la parte rimanente è sconosciuta.
L’acquedotto dell’ Aqua Augusta
Dopo che Napoli venne annessa, da colonia greca a città romana e più tardi imperiale, il suo bisogno di acqua aumentò molto . I romani portarono molta altra acqua alla regione per mezzo dell’ Aqua Augusta, che fu aggiunta all’ acquedotto Bolla già esistente. Questo acquedotto, detto Serino, da dove provenivano le acque, oppure Claudio, sotto il cui impero fu restaurato, riforniva di acqua le ville dei ricchi mercanti e della marina imperiale, fu un pezzo di ingegneria esteso e di grande effetto, una delle opere più costose che la storia ricordi. Le sue fonti erano sulle montagne di Terminio- Tuoro e furono chiamate fonti Augustee, non lontano dalla città di Avellino.
Nel suo percorso di 100 km di lunghezza per servire il porto militare imperiale di Miseno, l’acquedotto passava anche da Pompei, Ercolano e Napoli, con numerosi rami che portavano acqua a fontane e cisterne pubbliche e private a quelle comunità. Dentro Napoli, il Serino passava attraverso un tunnel conosciuto col nome di "Crypta Napoletana," che passava sotto la collina di Posillipo per raggiungere i Campi Flegrei, la città di Pozzuoli e infine Miseno, la più grande cisterna di acqua dolce mai costruita dai romani, la Piscina Mirabilis. La cisterna era scavata interamente nella parte centrale di una collina di tufo ed è alta (o profonda) 15 metri , lunga 72 metri e ampia 25 metri . La sua capacità o volume era di 12,000 metri cubi, sostenuta da soffitti a volta e da 48 colonne. Adiacente alla cisterna principale a Miseno c’erano delle cisterne private come quella oggi chiamata Cento Camarelle (= 100 piccole stanze) un gruppo di cisterne organizzate su due livelli, probabilmente proprietà dell’oratore Quintus Hortensius Ortalus. .
L’acquedotto Augusteo tuttavia nel 6° secolo già non era più in uso perchè l’attività vulcanica aveva completamente modificato l’orografia del territorio.
L’acquedotto del Carmignano del 1600 ed il
nuovo acquedotto del Serino
Nel 1600 fu costruito un nuovo acquedotto per
uso industriale che dal suo ideatore e
finanziatore prese il nome di
Carmignano. Alla fine del 19°
secolo, le nuove tecnologie resero
possibile la costruzione del primo acquedotto a pressione di Napoli, il nuovo acquedotto del Serino che nel1882
rimpiazzò i precedenti. Sembrò che il lungo servizio del Bolla fosse finito, ma
negli anni ‘’30 alcune industrie napoletane recuperarono le sue acque, e più
tardi, grazie al restauro di uno dei suoi canali, è stato destinato a qualche
uso industriale nell’entroterra di Napoli.
La vita a Napoli
La
popolazione è sempre cresciuta molto e
la città, invece di espandersi in larghezza, ha continuato a crescere su se
stessa , grazie al fatto che il territorio di Napoli è su diversi livelli .
Per di
più,
diversamente dall’antico periodo greco quando era proibito costruire
all’esterno delle mura della città, durante il vice reame spagnolo (1600)
fu promulgata una legge che proibiva l’ingresso di materiali edilizi
dentro la città. Questo non impedì la costruzione di nuovi edifici, ma fu un ulteriore motivo di estrarre il tufo
dal sottosuolo come materiale di costruzione.
Oggi se si guarda la città dalla collina
di San Martino o Castel dell’Ovo si può osservare una città
costruita su diversi livelli, quasi
un’enorme scalinata.
Per le
difficili condizioni sociali e l’uso improprio delle cisterne che
esponeva l’acqua dolce
all’inquinamento, il colera divenne un’epidemia endemica a
Napoli nel 18° e 19° secolo
, specialmente nei quartieri poveri e la vicinanza dell’acqua fu duramente
pagata.
Le condizioni degli antichi acquedotti
sotterranei oggi
E’ possibile oggi visitare parte delle antiche
cisterne in due percorsi della così detta “ Napoli Sotterranea”. Negli anni ‘ 60 e ’70 un gruppo di
speleologi esplorò e restituì il patrimonio sotterraneo alla città di Napoli, una parte del quale è aperta al
pubblico. Si può vedere un esempio
dell’acquedotto greco-romano scendendo
nelle enormi cisterne usate per
rifornire di acqua dolce I palazzo e le ville di sopra e avere un’idea
dell’incredibile rete di canali e di serbatoi degli antichi acquedotti.
L’entrata dell’affascinante percorso guidato è a piazza San Gaetano.
L’entrata dell’affascinante percorso guidato è a piazza San Gaetano.
Questa è una semplice rappresentazione della
meraviglia dell’alveare sotterraneo della città antica di Napoli.
The cisterns for collecting rainwater
on Ventotene Island
Supply of water has always played an important role in Roman architecture. Architects always cared about the slope of roofs towards the inside of the houses, applying the principle of compluvium. Water poured both from the gutter and through the rain pipes and was collected in the basin in the middle of the yard (atrium) the impluvium. Besides being an ornament the impluvium was used for draining water, as dust and dirt from the roof would deposit at its bottom.
L'isola di Ventotene: in primo piano Villa Giulia,
fatta costruire dall'imperatore Augusto
The island, whose inhabited section was around the port, required just a few water collection points in the highest areas to allow easy distribution to the lower reaches of the island. Two huge cavities with pillars, walls and vaults covered with cocciopesto, were dug into the tuff (volcanic rock) bank and were the heart of a complex and well constructed aqueduct on the southern end of the island. With this system, every year, about 800 cubic meters of water were collected and distributed for domestic use, manufacture and port needs.
fatta costruire dall'imperatore Augusto
The island, whose inhabited section was around the port, required just a few water collection points in the highest areas to allow easy distribution to the lower reaches of the island. Two huge cavities with pillars, walls and vaults covered with cocciopesto, were dug into the tuff (volcanic rock) bank and were the heart of a complex and well constructed aqueduct on the southern end of the island. With this system, every year, about 800 cubic meters of water were collected and distributed for domestic use, manufacture and port needs.
Tip for today’s visitor: Both cisterns are visible today and under the supervision of archaeological institutions.
La cisterna di Villa Stefania |
Tip for today’s visitor: Starting from Piazza Castello, to trace the cistern today, follow Via Olivi and you will find it on your left after 1,2 km. Access the cistern from the extreme south-west side, following the staircase underneath the entrance arch.
The second cistern is even larger covering an area of 1,200 m2 and it is situated closer to the massive Imperial Villa Julia of “Punta Eolo” (= Aeolus’ promontory). This is a huge reservoir that is carved directly into the tuff about 10 meters below ground level. It includes an open air space for harvesting rainwater, underneath which there are two vaulted tunnels communicating with each other, used for storage. The name of this cistern dei carcerati (= of convicts) comes from the fact that its rooms were used during the Bourbon period as a place to house labourers forced to do construction work on the island.
Tip for today’s visitor: Starting from Piazza Castello, to trace the cistern today, follow Via Olivi and you will find it on the right after 1 km. The remains of Villa Julia can also be seen today on the tip of the Aeolus promontory.
Five more cisterns of smaller size are found on Ventotene Island, used for decantation purposes. All of them were interconnected by means of an underground aqueduct.
Thanks to the rainwater collection system that stores it, drains and distributes it through a network of pipes, Ventotene was able to develop a multifaceted and high standard of living. So much so, that emperor Augustus made the isle part of the Imperial patrimony, transforming it into an imperial summer residence. Agrippa, husband of Augustus’ daughter Julia, probably directed the building works at Ventotene. The so–called Villa Julia at Punta Eolo had already been built and was in use by the end of the 1st century BC.
The two huge cisterns were connected with each other by an underground aqueduct, which going down towards the north eastern side of the isle was divided in two. One branch reached “Cala Rossano”, where there was a cistern used by Villa Julia and from where another aqueduct started in the direction of the port, while a second branch went down towards the fish pond.
The area above the two major cisterns had a slight incline (comluvium) so as to maximize the rainwater collected in the basin called impluvium and in the containers.
With a rough estimation, multiplying the feeding basin area by the average rainfall of the isle (700–600 mm/yr), every year this water collecting system could store between 700 to 800 cubic meters!
From the point of natural collection, rainwater was conveyed into tanks dug in volcanic rock, with a series of corridors partly covered by cocciopesto. From here, large underground pipes fed water into secondary cisterns that in turn provided water towards Cala Rossano and Punta Eolo, site of the imperial villa. The pipelines reached depths of about 5–6 metres underground, 1,5 km from the villa, the fish pond and the port.
Each room or cistern was made of an external containment wall with the outside in opus incertum and the inside in opus_reticulatum. The floor was made watertight by the use of a hydraulic mortar technically defined opus signinum (=cocciopesto), also used to cover the lower parts of walls up to 1,5m from the floor. The rooms were completed by arched vaults made by opus caementicium.
The cisterns were fed through narrow wells dug in the ground or lumina that conveyed the water from the surface basins (impluvium) and through a series of lead pipes called fìstula acquaria.
Topographic study has confirmed that the floor of the cistern has a slant from west to east dropping from 122cm to 12cm. This tilt assured the movement of water towards the last room allowing for the cistern to periodically empty completely and to facilitate cleaning and repairs.
The quality of water
The Latin architect Vitruvio advised the use of several decantation and drainage cisterns to improve water quality. The constant flow of water was assured by the different levels of basins, containers and pipes. Oxygenation was facilitated by the circulation of air in the cisterns as the water level was much lower than the top of the arched vaults. But it was the fact that the cisterns were dug in tuff that ensured the very good quality of the water and also limited evaporation.
Moreover, the minerals in the rainwater, flowing inside the long pipeline, were gradually diluted along the way making the water even more potable.
The change of use of the Roman cisterns
on Ventotene
on Ventotene
After the isle of Ventotene was abandoned in the 5th century it was practically uninhabited during the Middle Ages and the following centuries. Nevertheless, the Roman cisterns have always offered shelter to monks and hermits, animals and people that fled the Saracen raids for centuries. They were also used to store and hide goods. Notwithstanding the misuse by the Iacono family, the perfect state of the cistern of Villa Stefania is astonishing with its pillars and 7x5m large corridors dug in tuff.
On the other hand, the cistern of the convicts, with a compluvium of 1.225 m2 still shows evidence today of the use of the cistern in the centuries that followed, by its wall paintings and drawings, graffiti, votive stalls and shrines.
The isle was forcibly colonised during the reign of the Bourbons in the second half of the 1700s and during this period the use of the cisterns changed yet again. The cistern of Villa Stefania was transformed into cellars and lavatories and the cistern of the convicts into a jail for the prisoners engaged in the building of the new Ventotene settlement.
The Roman Cistern of Saint Candida Church, Ventotene
Most of the present urban structures of Ventotene town date from the Bourbon period – second half of the 18th century – as does the church of Saint Candida built in 1769 on the square overlooking the Roman port. Under its churchyard, hidden in a passage, another cistern was recently discovered during renovation works. A narrow vertical conduit about 7 metres long communicates with the rectangular base cistern (˜ 6x6m), with an arched vault and walls lined with hydraulic mortar. It was fed by only one canal dug in tuff.
Water works on Santo Stefano
Two km from Ventotene, the isle of Santo Stefano owes its current name to a convent dedicated to Saint Stephen. The island is dominated by and became famous for a panopticon style jail (horseshoe shaped building from the centre of which it was possible to watch over all the convicts’ cells) built in the Bourbon era (1795).
The water supply for such a large community was, once again, assured by two huge cisterns above which the jail itself was built. The inner yard of the prison is divided in two inclined parts for collecting rainwater, a kind of impluvium. The collection basins are visible in the prison yard.
This rainwater harvesting system functioned efficiently, ensuring water for the convicts for more than 150 years up until 1965 when the jail was closed down and the use of water tankers was introduced to supply Santo Stefano and Ventotene island.
INDEX
The cisterns for collecting rainwater on Ventotene Island
How the cisterns worked
The change of use of the Roman cisterns on Ventotene
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