In una intervista Renzo Piano definì la città come la più incredibile invenzione degli esseri umani, che ne hanno fatto il luogo per eccellenza del loro stare insieme, dei loro scambi materiali e culturali. La struttura della città rivela la società che la abita e gli urbanisti precedono i sociologi, perché nell’organizzazione degli spazi, nell’equilibrio fra quelli pubblici e quelli privati, hanno in mente la vita che lì si svolgerà.
La città che vorremmo è quella dove si va a piedi, con i mezzi pubblici o in bicicletta senza rischiare la pelle, dove le stazioni ferroviarie, della metropolitana e degli autobus non sono in abbandono , ma arredate, curate e illuminate, con bar, punti di ristoro e negozi.
Non serve una grande immaginazione, è il modo in cui sono organizzate tutte le più grandi città europee e anche il cuore della nostra città. Vorremmo che fossero così anche il semi centro e le periferie, che la mobilità fosse assicurata dai mezzi pubblici e i taxi numerosi e con tariffe accessibili come in ogni altra parte del mondo.
Quale sviluppo della città
Il cemento a Roma è cresciuto smisuratamente in questi ultimi anni ed il prossimo futuro non lascia prevedere niente di buono: come "compensazione" dei 190 ettari di Tor Marancia nel Parco dell’Appia Antica sono in via di realizzazione, nei vari quartieri della città, costruzioni di vario genere per più di 4 milioni di metri cubi.
Se centri servizi e uffici peggiorano il traffico già caotico perché si raggiungono solo in automobile, per ogni centro commerciale chiudono almeno 70 piccoli esercizi che si raggiungevano a piedi da casa. Prima si chiedono i servizi indispensabili per i nuovi insediamenti, poi il cambiamento di destinazione d’uso di immobili destinati a sevizi per le più remunerative abitazioni.
I centri commerciali sollecitano l’identità di consumatori di merci omologate, si basano sullo spreco di energia, di territorio e di merci e sulla smisurata produzione di rifiuti. I nuovi conglomerati urbani non riflettono un modello di coesione sociale, non promuovono sviluppo sostenibile, né creano lavoro, basano la crescita economica sulle costruzione in sé e non sulla loro utilizzazione, soddisfano esclusivamente esigenze di gruppi finanziari sacrificando soprattutto l’ambiente.
Dove abitano i lavoratori?
Nella crescita tradizionalmente anarchica della città di Roma nel 20° secolo, erano almeno previsti nei condomini al piano ammezzato e talvolta al piano attico, le abitazioni per gli addetti ai servizi e agli artigiani. Adesso anche chi si occupa dei servizi ogni mattina deve affrontare, insieme a circa 700.000 persone, una estenuante fila di automobili sul raccordo anulare. E allora si elargiscono concessioni per i parcheggi e i posti macchina e si trascura invece la cura del ferro: stralciato qualsiasi piano di ferrovia Roma Latina, mentre i fondi per la Pontina bis sono stati accantonati.
Quali esigenze soddisfare
Nonostante l’eccessiva cementificazione - l’emergenza abitativa non diminuisce e si stimano al ribasso i 120.000 appartamenti invenduti o comunque vuoti- e la città emarginata che vive in luoghi di fortuna continua a crescere negli anni. Mentre le giovani famiglie vanno a vivere fuori dal raccordo anulare, trascorrono nel traffico gran parte della giornata per la carenza di mezzi pubblici, e sono strozzati dai mutui sulla casa e dalla spesa del carburante, la popolazione dei senza tetto cresce e non è solo composta da stranieri ed extracomunitari ma sempre più comprende famiglie italiane fragili, con storie incredibili di esclusione alle spalle e anche di sofferta e silenziosa dignità.
La città indifferente che cresce sulla speculazione edilizia come forma di investimento finanziario non è né vivibile né estetica. Se i mestieri e i lavori cambiano e il negozio all’angolo chiude, dobbiamo incentivare e sostenere altre forme di produzione, quella locale, di filiera corta, di scambio e di socialità. Orti Urbani e fattorie sociali per rendere produttive e presidiare tutte le aree abbandonate della campagna romana. "L’altra economia" non solo nell’ex mattatoio di Testaccio, ma diffusa in tutti i quartieri e i municipi con punti di gruppi di acquisto solidali, per la cura dell’assetto urbano anche in aree cresciute male.
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