I ricercatori che si occupano di fauna selvatica devono prendere iniziativa per misure di conservazione e comportarsi da manager, sporcarsi le mani ed esporsi. Un cambiamento di paradigma nell’epoca della sussidiarietà di competenze dal pubblico al privato.
Corrado Battisti suggerisce di pensare da manager, cioè di intervenire direttamente, perché spesso anche piccoli interventi possono invertire la tendenza al degrado degli ambienti e alla conseguente diminuzione della fauna selvatica.Il secondo articolo sempre di Battisti et al. sulla stessa rivista “Applying the Swiss Cheese Theory... ” https://www.avocetta.org/articles/vol-45-2-erp-iforumbsp-bsearching-the-effectiveness-within- conservation-projects-applying-the-swiss-cheese-theory/ prende ad esempio il ripristino di un carnaio per alimentare i nibbi bruni nella riserva di Decima Malafede. Il carnaio, già attivo dal 2013 al 2018 grazie al fatto che Michele come ricercatore poteva evitare passaggi burocratici, non era stato rifornito nei due anni seguenti. E’ stato possibile riattivarlo dopo aver superato il complesso iter burocratico per le autorizzazioni e i controlli di USL e RomaNatura, e alla capacità di assicurare il rifornimento bisettimanale di carne fresca.
E’ stato così possibile assicurare la presenza di diverse coppie: inoltre, da due anni, un corso di tirocinio valido per i CFU di studenti di Scienze Naturali dell’università “La Sapienza” di Roma, ha anche reso possibile l’osservazione e lo studio dei comportamenti dei Nibbi Bruni nidificanti e degli altri rapaci presenti nella Riserva nel periodo della riproduzione.
Tutti i buchi dello swiss cheese sono stati così allineati consentendo il successo dell’intervento di conservazione. Gli studenti imparano ad affrontare positivamente alcuni problemi di conservazione, cioè a prendere decisioni e a intervenire concretamente. Dice infatti Corrado Battisti: “…… una volta raccolti ed analizzati i dati, aver fornito raccomandazioni e pubblicato un paper, gli ulteriori passaggi operativi sono spesso delegati ad altri soggetti (es. Enti Pubblici), spesso nemmeno individuati . Si presume quindi che qualcun altro, non ben definito, adotti le raccomandazioni e le soluzioni di conservazione suggerite. Se ciò non avviene, come spesso accade con le specie minacciate e altre criticità, ci si sente frustrati e si cercano i colpevoli (Enti Pubblici inadempienti, dinamiche politiche, mancanza di fondi e così via).
L'attribuzione della colpa è un comportamento conveniente (ma non scientifico!) basato su un pensiero semplificato (de Langhe et al. 2017). Invece gli ornitologi della conservazione devono cambiare il paradigma. Dovrebbero pensare come manager che risolvono i problemi, non passivi ma propositivi. Non dovrebbero solo scrivere le carte, suggerire “raccomandazioni per la conservazione” e delegare le soluzioni, ma dovrebbero pensare operativamente a come cambiare le cose. Il tempo stringe, non c'è più tempo per delegare! Il campionamento e l'analisi dei dati sono importanti, ma sono solo un primo passo per avviare azioni di conservazione (vedi https://scientists4future.org).
Corrado Battisti, PhD “Avocetta”Associate Editor (coordinating the column of applied conservation) ‘Torre Flavia’ LTER research station & University of Rome 3, Applied ecology
Main interests: Wildlife management, problem-solving, threat analysis, disturbance ecology, operational conservation
Contact: corrado.battisti@avocetta.org
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