Fino all’80% di tutti i rifiuti nei nostri oceani è plastica, causa di elevata mortalità sulla fauna marina, di impatto negativo sulla pesca e sul turismo, ed ha un costo annuo di almeno 8 miliardi di dollari per i danni agli ecosistemi marini. Ma da quale parte del mondo provengono la maggior parte di questi oltre 8 milioni di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono negli oceani? E dove si dirigono e si accumulano?
Il Pacific Trash Vortex: inquietanti conseguenze sull’ ecosistema
Secondo studi pubblicati su riviste scientifiche come “Science”, “Science Advances” e “Environmental Science and Technology”, e come, d’altra parte, ampiamente noto, la maggiore quantità di plastica riversata nel mare proviene dai paesi asiatici. Un dramma questo riconducibile all’elevata incontrollabile crescita demografica, allo sviluppo dell’ urbanizzazione costiera a discapito delle zone rurali e alla scarsità e all’assoluta inefficacia dei qualsiasi metodo di raccolta, smaltimento e ancor meno di riciclo dei rifiuti.
Le riviste citate sostengono che, siccome sono i rifiuti a terra che determinano il dramma planetario dell’inquinamento da plastica negli oceani, sono solo i dieci i grandi fiumi che veicolano il 90% dei rifiuti; di questi solo due africani, il Nilo e il Niger. Gli altri scorrono tutti in Asia. Il fiume Azzurro, il fiume Giallo, il fiume delle Perle e Hai, in Cina oltre a Indo, Gange, Mekong e Amur. Quando raggiungono la costa i rifiuti vengono spinti dalle correnti e incanalati in cinque grandi vortici.
Il Pacific Trash Vortex, (l’isola di spazzatura del Pacifico) è il più grande di questi: un’enorme concentrazione di frammenti di plastica che le correnti hanno accumulato nei decenni a largo dell’oceano Pacifico fra il Canada, la costa degli Stati Uniti e, un po’ più a nord, delle le isole Hawaii. La valutazione delle sue dimensioni va spazia da un’estensione pari alla Francia a due volte l’Italia, qualcuno sostiene che sia di oltre 10 milioni di kmq, maggiore dell’estensione degli Stati Uniti. Associazioni ambientaliste hanno chiesto provocatoriamente il riconoscimento dell’isola come stato sovrano, Al Gore si è candidato a diventarne il presidente ed è stato proposto per questa nuova nazione il nome di “Great Pacific Garbage Patch”.
Iniziative come questa cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi dell’inquinamento delle plastiche che mette in crisi l’ecosistema marino e contamina anche l’alimentazione umana perchè molti dei pesci che mangiamo, anche se pescati a largo delle coste, sono contaminati da idrocarburi.
Tuttavia il Pacific Trash Vortex non consiste in una distesa di sacchetti o bottiglie di plastica galleggianti sulla superficie dell’oceano, come i rifiuti che cerchiamo di pulire dalle nostre spiagge preferite, o oggetti voluminosi che intrappolano organismi marini, ma di una incredibile concentrazione di frammenti di microplastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri. E’ così che si decompone, con luce del sole, la plastica, che non è biodegradabile.
Le microplastiche sono scambiate per cibo da pesci, da molluschi, crostacei e uccelli, la concentrazione degli inquinanti organici presenti in questi frammenti entra, ed aumenta ad ogni anello gradino della catena alimentare, fino ad arrivare sule nostre tavole . Ma ancora più inquietante per la modifica incontrollabile dell’ecosistema marino è il proliferare di alcuni organismi, alcune classi di insetti e invertebrati marini che utilizzano i residui solidi offerti dalla plastica come supporto per deporre le uova e riprodursi in modo eccessivo.
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