L’epoca usa e getta, di Patrizia Bonelli
La produzione degli oggetti in plastica iniziò negli anni ‘50 ed all’inizio si trattava solo del Moplen, o comunque di plastica spessa e durevole. E’ cresciuta poi dai due milioni di tonnellate ai quasi 500 milioni di tonnellate del 2015, principalmente in oggetti di facile consumo che in poco tempo diventano rifiuti. Il tasso di incremento negli ultimi anni è pari alla metà della plastica prodotta dalla metà del secolo corso. Se non si riuscisse ad interrompere questa tendenza la quantità di plastica dispersa nell’ambiente, nel 2050 raggiungerebbe i 12 miliardi di tonnellate. Un disastro ecologico da evitare, a cui assolutamente bisogna porre rimedio.
A parte piatti ed altri infiniti utensili di plastica ampiamente diffusi, le microplastiche si trovano nei tessuti sintetici, nel detersivi e in quasi tutti gli oggetti di uso quotidiano. E’ necessario ridurre la plastica fino a impedirne completamente la produzione sostituendola con materiali biodegradabili perché persino il semplice lavaggio di un tessuto sintetico può produrre migliaia di microframmenti di plastica.
Ulteriori provvedimenti per limitare il danno della microplastica negli oceani e per mettere al bando l’uso della plastica
Sosteniamo gli organismi internazionali perché promuovano accordi per la riduzione della produzione della plastica come si sta facendo per le emissioni di Co2. I singoli stati dovrebbero prendere provvedimenti per premiare ( per esempio con sgravi fiscali) le aziende che riducono il ricorso alla plastica per imballaggi o altro.
Le istituzioni pubbliche e private avere un decalogo di comportamento virtuoso con la messa al bando delle plastiche al primo posto.
Il clean up delle spiagge sempre più praticato perché metodo eccezionale per sensibilizzare l’opinione pubblica oltre che per assicurare un la pulizia.
L’uso di reti e altri strumenti per catturare i residui voluminosi di plastica ed infine grandi speranze per il seabin, bidone galleggiante in grado di filtrare 24h su 24h l’acqua marina, eliminando non solo i rifiuti solidi, ma anche i residui di detersivi e sostanze inquinanti.
Il Seabin: Questo piccolo strumento ideato da due giovani australiani, se prodotto su larga scala e distribuito su ampie superfici di mare, potrebbe dare buoni risultati, ma si tratta certo di un’idea complessa e di difficile realizzazione su scala mondiale. Positivo però che si cominci a mettere all’ordine del giorno possibili interventi per far fronte all’emergenza plastica nel mare. Gli interventi più auspicabili e risolutivi restano però quelli della riduzione e della completa messa al bando delle plastiche.
La produzione degli oggetti in plastica iniziò negli anni ‘50 ed all’inizio si trattava solo del Moplen, o comunque di plastica spessa e durevole. E’ cresciuta poi dai due milioni di tonnellate ai quasi 500 milioni di tonnellate del 2015, principalmente in oggetti di facile consumo che in poco tempo diventano rifiuti. Il tasso di incremento negli ultimi anni è pari alla metà della plastica prodotta dalla metà del secolo corso. Se non si riuscisse ad interrompere questa tendenza la quantità di plastica dispersa nell’ambiente, nel 2050 raggiungerebbe i 12 miliardi di tonnellate. Un disastro ecologico da evitare, a cui assolutamente bisogna porre rimedio.
A parte piatti ed altri infiniti utensili di plastica ampiamente diffusi, le microplastiche si trovano nei tessuti sintetici, nel detersivi e in quasi tutti gli oggetti di uso quotidiano. E’ necessario ridurre la plastica fino a impedirne completamente la produzione sostituendola con materiali biodegradabili perché persino il semplice lavaggio di un tessuto sintetico può produrre migliaia di microframmenti di plastica.
Ulteriori provvedimenti per limitare il danno della microplastica negli oceani e per mettere al bando l’uso della plastica
Sosteniamo gli organismi internazionali perché promuovano accordi per la riduzione della produzione della plastica come si sta facendo per le emissioni di Co2. I singoli stati dovrebbero prendere provvedimenti per premiare ( per esempio con sgravi fiscali) le aziende che riducono il ricorso alla plastica per imballaggi o altro.
Le istituzioni pubbliche e private avere un decalogo di comportamento virtuoso con la messa al bando delle plastiche al primo posto.
Il clean up delle spiagge sempre più praticato perché metodo eccezionale per sensibilizzare l’opinione pubblica oltre che per assicurare un la pulizia.
L’uso di reti e altri strumenti per catturare i residui voluminosi di plastica ed infine grandi speranze per il seabin, bidone galleggiante in grado di filtrare 24h su 24h l’acqua marina, eliminando non solo i rifiuti solidi, ma anche i residui di detersivi e sostanze inquinanti.
Il Seabin: Questo piccolo strumento ideato da due giovani australiani, se prodotto su larga scala e distribuito su ampie superfici di mare, potrebbe dare buoni risultati, ma si tratta certo di un’idea complessa e di difficile realizzazione su scala mondiale. Positivo però che si cominci a mettere all’ordine del giorno possibili interventi per far fronte all’emergenza plastica nel mare. Gli interventi più auspicabili e risolutivi restano però quelli della riduzione e della completa messa al bando delle plastiche.
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