di Patrizia Bonelli- patbonelli(at)gmail.com

di Patrizia Bonelli- patbonelli(at)gmail.com
"Il Mediterraneo è mille cose nello stesso tempo. Non un paesaggio, ma molti paesaggi. Non un mare, ma molti mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà una dopo l'altra".

"The Mediterranean is thousand things together. Not a landscape but many landscapes. Not one sea but many seas. Not a civilization, but a series of civilizations one after the other" Fernand Braudel

lunedì 26 novembre 2018

Plastic Free is the Way to be

21-22 November 2018 Meetings in Brussel
Plastic Free is the Way to be
On the 21st of November the Seas, Rivers, Islands and Coastal Areas Intergroup (Searica) met with MIO-ECSDE and the informal Circle of Mediterranean Parliamentarians for Sustainable Development (COMPSUD) at the European Parliament in Brussels. 

This was a unique occasion where Members of the European Parliament and Members of Parliament of non-EU countries came together with marine litter experts, environmental NGOs, journalists and other key stakeholders to explore the next steps in achieving a litter-free Mediterranean Sea. The event was attended by some 65 participants from 20 or so countries. Read more at: https://bit.ly/2RaH2Gr

For a long time we have known that plastic in the ocean is a problem; we know the causes of it deleterious effects on the marine environment.
With the Plastic Strategy and its approach to phase out or ban certain plastic products, the EU has set a benchmark against plastic pollution. A lot is  happening already at this crucial moment. We need to leave the plastics behind and rethink the future of plastics towards plastics free oceans and seas.




A second meeting organised by GWP/ Med was held on the 22nd in Brussels   implementing NEXUS programme in MENA ( Middle East and North Africa) countries about Water, Energy, Food and biodiversity. How to avoid that the consumption of one of them may diminish or damage the others. We are aware, in fact, that when we take something out from our planet  we’ll pay in some way, particularly in biodiversity.


21-22 Novembre 2018 Riunioni Ambientaliste a Bruxelles

Mettiamo al Bando la Plastica

Il 21 Novembre l’Intergruppo Mari, Fiumi, Isole e Aree Costiere (Searica) insieme al MIO-ECSDE (Ufficio Mediterraneo per l’Ambiente) e al COMPSUD  (Circolo informale  dei Parlamentari  Mediterranei per lo Sviluppo Sostenibile ) si sono riuniti al Parlamento Europeo a Bruxelles. E’ stata un’occasione unica in cui parlamentari europei e parlamentari di paesi mediterranei non europei si sono incontrati con esperti di rifiuti marini,  ONG ambientali,  Giornalisti  ed altri soggetti interessati,  per esplorare i passi futuri  per raggiungere l’obiettivo di un Mediterraneo libero dai rifiuti. L’evento è stato seguito da 65 partecipanti da circa 20 paesi.  Continua a leggere: https://bit.ly/2RaH2Gr
Da molto tempo sappiamo come  la plastica nell’oceano costituisca  un problema e ne conosciamo gli effetti deleteri sull’ambiente marino.
Con la Direttiva “Strategia per la Plastica” per l’eliminare o  mettere al bando alcuni prodotti in plastica, la Commissione Europea ha posto   un limite all’inquinamento da plastica.  Molto è già stato fatto, ma dobbiamo lasciarci alle spalle  la plastica  e ripensare il futuro con oceani e mari senza plastica.


Un secondo incontro organizzato da GWP/Med (Partenariato Generale sull’Acqua per il Mediterraneo) si è tenuto il 22 a Bruxelles   per l’ attuazione del programma NEXUS nei paesi  MENA    (Medio Oriente e Nord Africa) sull’acqua, l’energia, il cibo e la biodiversità. Come evitare che il consumo eccessivo di una risorsa   danneggi le altre: siamo consapevoli, infatti, che quando prendiamo qualcosa dal pianeta lo paghiamo in qualche modo, particolarmente in biodiversità.


domenica 18 novembre 2018

‘A plastic-free Mediterranean Sea in the making’

‘A plastic-free Mediterranean Sea in the making’
Mediterranean Members of Parliament and key stakeholders discuss 
the state of play and realistic steps forward

                                    21 Novembre 2018, 16 -19 
European Parliament Brussels

Most Mediterranean countries, on both shores, are at a moment when Parliaments are deciding on measures to curb the use of single use plastics and mainly plastic bags. Are the most informed decisions being made? What should the next steps be?
The root causes of marine litter in the Mediterranean are the same as anywhere else in the world: a complex combination of production and consumption patterns, irresponsible behavior of individuals and economic sectors, lack of policy and legislative frameworks, weak solid waste management practices, misconceptions related to possible solutions, fragmented understanding of the problem due to the lack of fit-for-purpose data. 



Large amounts of plastic waste leak into the marine environment from sources on land and at sea, generating significant environmental and economic damage. They are estimated to account for over 80% of marine litter. Single-use plastic items are a major component of the plastic leakage and are among the items most commonly found on beaches, representing some 50% of the marine litter found.
Being one of the most affected seas by marine litter worldwide, Mediterranean decision makers are gradually reacting. Understanding and knowledge of the problem has been substantially enhanced in the past few years, with several studies shedding light on the amounts, distribution, sources and impacts. As a result, bold moves are taking shape on the EU side driven by the Marine Strategy Framework Directive and measures and pilot actions are advancing in the non-EU countries under the Regional Plan for Marine Litter Management in the Mediterranean of the Barcelona Convention. 
The Searica Intergroup together with the informal Circle of Mediterranean Parliamentarians for Sustainable Development (COMPSUD) and the contribution of other key actors is exploring through this meeting realistic options on how to effectively curb plastic pollution in the Mediterranean region.


Un’onda di plastica, un libro di Raffaella Bullo e Silvio Greco


Dal sito web di Slow Food riprendiamo la recensione di "Un'onda di plastica", un libro uscito da poco e di cui vi raccomandiamo la lettura (e l'acquisto, solo 12€).

Siamo circondati dalla plastica. Non solo quando guardiamo gli oggetti che ci circondano o quelli che utilizziamo abitualmente. Ma anche là dove si pensa non esista, ad esempio nel mare. Dei 300 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, tra i 5 e i 13 milioni finiscono in mare. Si trovano sulla superficie del mare, sulle spiagge, sul fondo marino, a tutte le latitudini, anche in zone remote come l’Artico e l’Antartico.

Ormai è entrata nel nostro ciclo alimentare, perché le microplastiche vengono ingerite dai pesci e quindi anche da noi. La plastica sta provocando un impatto ambientale grave, causa la cattiva gestione dei rifiuti a terra. Per fortuna a livello legislativo si sta cercando di porre fine alla produzione di oggetti di plastica monouso, come cannucce e cotton fioc…




Di questo e di molto altro, con dati precisi, analisi approfondite e studi a livello internazionale si parla nel libro, da poco in libreria, Un’onda di plastica, scritto per Manifestolibri da Silvio Greco (biologo marino, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Biologia, Ecologia e Biotecnologie Marine Anton Dohrn e docente di Sostenibilità ambientale all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo) e Raffaella Bullo (dottoressa in Scienze Ambientali Marine, divulgatrice ambientale).

A seguire la prefazione del libro.



Come abbiamo impacchettato la terra, i mari, la vita
«Vi propongo un esercizio molto semplice. Incrociate le braccia. Osservate quale polso è sopra. Ora riabbassate le braccia. Adesso incrociatele nuovamente. Osservate quale polso è sopra. Tutti quelli che avevano sopra il polso destro entrambe le volte, alzino la mano. Tutti quelli che avevano il sinistro, alzino la mano. Circa la metà.

Quindi, acquisite un’abitudine che va bene per voi. Così è la crescita negli ultimi due secoli. Abbiamo assunto una serie di consuetudini, dalla natura dei sistemi finanziari agli indicatori che abbiamo scelto per il successo, alle norme che impartiamo ai nostri figli. Tutta una serie di abitudini che abbiamo sviluppato e che hanno funzionato bene. Ma alle volte le circostanze cambiano. E ora sono cambiate. Dobbiamo elaborare nuove pratiche, perciò seguitemi. Incrociate le braccia al contrario.

Vi siete accorti di tre cose, che sono valide anche nella nostra ricerca di un mondo sostenibile. Primo, è possibile. Secondo, bisogna rifletterci e probabilmente commettere degli errori quando si comincia. Terzo, è un po’ scomodo all’inizio». È il 2012 e chi parla è Dennis L. Meadows, autore, insieme a Donella H. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens, del famoso rapporto I limiti dello sviluppo, pubblicato nel 1972.

Nella conferenza organizzata dallo Smithsonian Institution, Meadows, dopo 40 anni dalla pubblicazione del rapporto, si chiedeva e illustrava ai partecipanti della conferenza se fosse troppo tardi per lo sviluppo sostenibile.

Non avremmo mai scritto questo piccolo libricino sulle plastiche, divulgativo e semplice, se non credessimo per davvero che la soluzione e le strade per una sostenibilità umana e ambientale non siano percorribili.

La plastica è di certo un argomento che oggi ha assunto aspetti di urgenza e ben si presta per affrontare temi scientifici e ambientali più ampi e diversi. Come vi accorgerete nelle pagine che seguono, non è un problema apparso solo negli ultimi due anni. In realtà, nelle pagine scientifiche, già negli anni ’60 cominciava a trasparire la preoccupazione degli scienziati marini e terrestri. La plastica era già sotto osservazione, come anche altri fenomeni ambientali riconducibili all’impatto dell’uomo.

Non è un caso che I limiti dello sviluppo sia stato pubblicato nel 1972 e abbia venduto più di dieci milioni di copie in trenta lingue diverse. Immaginatevi un momento di ritrovarvi nelle strade frizzanti e nelle università americane e europee a fine anni ’60. S’incrociano temi come la guerra nel Vietnam, filosofie che mettono in discussione i capisaldi del capitalismo, antesignani della critica alla globalizzazione, i diritti civili ai neri, un’idea di vita diversa e, soprattutto, una visione analitica che non poteva non coinvolgere il mondo scientifico. Il rigore del metodo scientifico del rapporto è stato rispettato con i complicati calcoli della dinamica dei sistemi, nuova branca dei modelli matematici in quel periodo. Nonostante tutto ha consegnato dati e prospettive ambientali ben peggiori di quelli sbandierati dai manifestanti di allora.

Ci siamo anche rivolti al mondo umanistico. L’analisi sociale del degrado ambientale in divenire si rintraccia nelle righe dei libri di scrittori illuminati, nella musica, nella filosofia, nei film. Possiamo ritenerli, a tutti gli effetti, i primi osservatori empirici.

Nelle loro righe si scoprono parallelismi tra corruzione dell’uomo-consumatore e decadimento ambientale in atto. La letteratura di quel periodo nasconde ambientalisti insospettabili. Per questo motivo valutiamo che umanesimo e scienza debbano avvolgersi e aiutarsi a vicenda, mano nella mano, per sviluppare e sostenere una presa di coscienza forte al fine di intraprendere universalmente un rapido cambiamento oramai necessario e impellente. L’ambiente non può più essere considerato solo un campo in mano a movimenti facilmente criticabili e derisi da parte di un establishment economico classico restio alla comprensione degli spazi finiti terrestri. Le scienze ambientali sono una scienza, e pure tra le più aggrovigliate considerata l’enormità dei fattori e delle connessioni infinite degli aspetti che la riguardano. E l’uomo è all’interno di questo complicato sistema con tutte le sue attività, pensiero incluso.


La plastica è la rappresentazione oggettuale per antonomasia di un apparato che non ha agito secondo bisogno e secondo natura ma secondo profitto, ipnotizzando consumatori a un progresso che doveva essere perfetto e  indiscutibile. Sappiamo benissimo che la plastica ha permesso attività prima impossibili.

Non è la plastica in sé a essere il male; è l’uso eccessivo e le poche possibilità di sostituzione presenti sul mercato a essere sotto la nostra lente d’ingrandimento.

Gli ultimi dati sulla sesta estinzione di massa prevista per la fine del 2100 causata dal cambiamento climatico originato dall’uomo, previsione presentata proprio dal MIT con la pubblicazione Thresholds of catastrophe in the Earth system (Le soglie della catastrofe nel sistema Terra), fanno sì che tutto debba essere affrontato il prima possibile. L’impatto della plastica, tra le tante emergenze che abbiamo, è una di queste, è enorme e ancora non ne è del tutto chiaro l’effetto futuro. La scienza sta provando a capire, impegnandosi nella traduzione dei fenomeni in atto. Perché sì, gli scienziati sono traduttori veri e propri, al pari dei linguisti. Ci traducono messaggi, ai più incomprensibili, rimettendo un panorama completo: lo stato attuale, le previsioni secondo modelli matematici e le azioni da intraprendere.

Ora serve la filosofia e il coinvolgimento umano. Il dispiacere che proviamo nel nostro intimo nel vedere albatros, tartarughe, balene morte e spiagge deturpate deve diventare azione. Dal pathos possiamo e dobbiamo ripartire per ripercorrere il percorso mentale, già individuato da Aristotele e Eraclito, per interiorizzare la razionalità universale, ossia passare coerentemente al logos, alla forza del ragionamento e del pensiero. Solo sentendo nel più intimo il dolore e la rabbia, solo la razionalizzazione del sentimento scomodo che ci pervade, solo attraverso la comprensione universale del problema grazie ai dati scientifici, frutto di osservazioni e ricerche empiriche sul campo e valutate da esperti, possiamo passare alla terza fase, quella dell’ethos, dell’etica, del comportamento, delle azioni reali da intraprendere velocemente per risolvere i disastri ambientali che stiamo creando. Abbiamo bisogno di tutte e tre le fasi aristoteliche, pathos, logos e ethos per salvare Gaia, la nostra unica casa.

Ci perdonino i puristi delle varie discipline scientifiche e umanistiche. Siamo perfettamente consapevoli che comprenderanno e condivideranno il nostro fine ultimo.

domenica 28 ottobre 2018

Un progetto europeo per ridurre la plastica in mare

              Atene, 22/25 ottobre 2018

Conferenza di chiusura del progetto "Act4litter" 

Più di 130 attivisti impegnati a ridurre i rifiuti  in mare e nella pulizia  delle coste, hanno partecipato alla conferenza finale di questo un progetto europeo sulle aree protette marine del Mediterraneo ed hanno  scambiato e condiviso esperienze, idee e proposte. 

  

             


domenica 7 ottobre 2018

Immigrazione: Riace (RC), un modello di integrazione possibile

Con l'incriminazione e gli arresti domiciliari al sindaco Domenico  Lucano,  torna alla ribalta  il modello di accoglienza di Riace: ripropongo perciò un mio articolo pubblicato nel 2010 sul quotidiano "Terra".

Un paese italiano accoglie i rifugiati a braccia aperte: così Juliane von Mittelstaedt sul settimanale tedesco Der Spiegel titola un articolo su Riace, cittadina sul versante ionico calabrese, protagonista di un’incredibile esperienza di ospitalità di immigrati e rifugiati, “relitti umani di guerre e povertà di tutto il mondo”.
La presenza degli stranieri ha infatti ripopolato e dato nuova linfa al piccolo centro, sempre più abbandonato dalla popolazione locale, che emigrava, anch’essa, per migliori condizioni di vita nelle città del nord.

 “Un villaggio globale nell’angolo più povero di una delle regioni più povere dell’Italia, una terra di sogni in frantumi” dice l’autorevole giornale tedesco, e, puntualizza il sindaco Domenico Lucano con orgoglio, "Un luogo che una volta la gente lasciava è diventato ora un posto di accoglienza”.
Sindaco da sei anni, ha vinto le elezioni con una campagna elettorale basata su una idea semplice: i più poveri fra i poveri avrebbero salvato Riace e, in cambio, Riace li avrebbe salvati. Da allora, Domenico Lucano, ha chiesto ai proprietari che vivono lontano di poter restaurare le loro case abbandonate del centro medievale per utilizzarle per fini abitativi o turistici. In molte di queste il sindaco ha infatti sistemato i rifugiati,assicurando loro vitto e alloggio gratuito, inclusa l’elettricità: in cambio chiede che imparino l’italiano e lavorino. Le donne si dedicano all’artigianato e gli uomini ristrutturano le case che vengono affittate ai turisti.



Domenico Lucano, Mimmo il curdo il sindaco di Riace, 
con due piccoli compaesani. 


Tutto è cominciato 12 anni fa, quando Lucano ha visto dalla strada costiera un gruppo di curdi appena sbarcati,30 uomini e donne con diversi bambini che camminavano verso il paese, nello stesso posto dove nel 1972 erano state trovate in mare le due statue di bronzo che avevano reso famoso Riace. Domenico Lucano ha pensato a un segno del destino. “Il vento ci ha portato un carico speciale, e chi siamo noi per rimandarlo indietro?” I greci un tempo navigavano attraverso il Mediterraneo fino in Calabria, seguiti poi dagli Arabi e dai Normanni: adesso stavano arrivando i rifugiati.
Lucano, soprannominato "Mimmo il curdo", ha ospitato i curdi e gli altri rifugiati che sono arrivati e ha dato vita un’associazione e un progetto e dal nome ambizioso di Città Futura. Ha anche ottenuto l’appoggio degli anziani che avevano paura degli immigranti e quello dei giovani, che temevano che i nuovi arrivati gli avrebbero tolto il lavoro. Città Futura è il più grande imprenditore del paese, sia per rifugiati che per i residenti locali.
Ci sono al momento 220 immigrati che vivono accanto ai 1.600 residenti originari del paese. Il sindaco spera che la popolazione ritorni alla fine al livello di un tempo di 3.000 persone. I nuovi residenti aprono negozi e mandano i figli alla scuola locale e i turisti vengono ora a Riace a comprare l’artigianato fatto dai nuovi residenti. "Un luogo che una volta la gente lasciava è diventato ora un posto di accoglienza”, dice Lucano con orgoglio.


Laboratorio di tessitura
 L’articolo di Der Spiegel racconta come Helen, arrivata dall’ Etiopia per mare incinta di otto mesi, lavora al telaio tessuti calabresi di lana di alta qualità. L’irakeno Mohammed, perseguitato dalla milizia del Mahdi, adesso vende kebab e lavora nell’edilizia. Shukri, una piccola donna somala di 23 anni con due figli, lavora il vetro soffiato e fa farfalle di vetro.

Il Villaggio Globale 
Le persone più sensibili, intellettuali e politici fanno pellegrinaggi a Riace, anche il regista tedesco Wim Wenders ci è andato e ha fatto un film documentario dal titolo "Il Volo" sui rifugiati che arrivano via mare, su Riace e suoi nuovi residenti. Inoltre, Wenders, erano appena terminate le celebrazioni per commemorare il 20° anniversario della caduta del muro di Berlino, ha sostenuto in una conferenza che "la vera utopia non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato a Riace in Calabria ".
Il sindaco Lucano ha utilizzato la citazione di Wenders per gli auguri per il Nuovo Anno che  ha mandato in tutto il mondo. Spera che il miracolo Riace si diffonda dovunque perché i più poveri del mondo cercano una via di salvezza, la popolazione europea si sta riducendo e l’Italia ha uno dei tassi di nascita più bassi del continente. 

Il regista tedesco Wim Wenders 

Lucano crede di aver trovato un modo di far crescere di nuovo la popolazione europea. Il suo progetto è di insediare i rifugiati in posti dove la popolazione diminuisce. In forte controtendenza con la crescente xenofobia e razzismo, dopo i fatti della vicina Rosarno, dove i locali, aizzati dalla ‘ndrangheta, hanno sparato e picchiato con spranghe di metallo i raccoglitori di frutta africani, che guadagnano € 25 ($35) al giorno, il sindaco Domenico Lucano ha dichiarato la disponibilità ad ospitare i fuggitivi di Rosarno e ne ha accolti effettivamente tre, di cui uno ferito. Ai giovani uomini della Guinea è sembrato un miracolo incredibile avere vitto e alloggio, €2 al giorno per le piccole spese, più € 500 al mese per il lavoro...

La reazione della 'ndrangheta 
Tuttavia c’è chi ostacola questa esperienze di pacifica convivenza, basata su un’economia non ricca ma sostenibile. E’ la ndrangheta che vuole spremere denaro alle comunità con la violenza e il ricatto. Non a caso sono stati avvelenati in modo delinquenziale i tre cani di Lucano e sono stati sparati due colpi alla porta della trattoria di Donna Rosa. Per Lucano, questa è la prova che ha fatto bene il suo lavoro. Due paesi vicini hanno già adottato il metodo di Lucano, e la giunta regionale della Calabria ha approvato una legge che incoraggia altri paesi a seguirne l’esempio.




giovedì 4 ottobre 2018

Un mare di plastica. Come siamo arrivati a tanto?

 L’epoca usa e getta, di Patrizia Bonelli
La produzione degli oggetti in plastica iniziò negli anni ‘50 ed all’inizio si trattava solo del  Moplen, o comunque di plastica spessa e durevole.  E’ cresciuta poi dai due milioni di tonnellate ai quasi 500 milioni di tonnellate del 2015, principalmente in oggetti di facile consumo che in poco tempo diventano rifiuti. Il tasso di incremento  negli ultimi anni è pari alla metà della plastica  prodotta dalla metà del secolo corso. Se non si riuscisse ad interrompere questa tendenza la quantità di plastica dispersa nell’ambiente,  nel 2050  raggiungerebbe i 12 miliardi di tonnellate. Un disastro ecologico da evitare, a cui assolutamente bisogna porre rimedio.


A parte piatti ed altri infiniti utensili di plastica ampiamente diffusi, le microplastiche si trovano nei tessuti sintetici, nel detersivi e in quasi tutti gli oggetti di uso quotidiano. E’ necessario  ridurre  la plastica fino a impedirne  completamente la produzione sostituendola con materiali biodegradabili  perché persino  il semplice lavaggio di un tessuto sintetico può produrre  migliaia di microframmenti di plastica.
Ulteriori provvedimenti per limitare il danno della microplastica negli oceani e per mettere  al bando l’uso della plastica
Sosteniamo  gli organismi internazionali perché promuovano accordi per la riduzione della produzione della plastica come si sta facendo per le emissioni di Co2. I singoli stati dovrebbero prendere provvedimenti per premiare ( per esempio con sgravi fiscali)  le aziende che riducono il ricorso alla  plastica per imballaggi o altro. 


 Le istituzioni pubbliche e private avere un decalogo di comportamento virtuoso con la messa al bando delle plastiche al primo posto. 
Il clean up delle spiagge sempre più praticato perché  metodo eccezionale  per sensibilizzare l’opinione pubblica oltre che per assicurare un  la pulizia. 


L’uso di reti e altri strumenti per catturare i residui voluminosi di plastica ed infine grandi speranze per il seabin, bidone galleggiante in grado di filtrare 24h su 24h l’acqua marina, eliminando non solo i rifiuti solidi, ma anche i residui di detersivi e sostanze inquinanti.
Il  Seabin: Questo piccolo strumento ideato da due giovani australiani, se prodotto su larga scala e distribuito su ampie superfici di mare,  potrebbe dare buoni risultati, ma si tratta certo di un’idea complessa e di difficile realizzazione su scala mondiale. Positivo però che si cominci a mettere all’ordine del giorno possibili interventi per far fronte all’emergenza plastica nel mare.  Gli interventi più auspicabili e risolutivi restano però quelli della riduzione e della completa messa al bando delle plastiche.

Il Pacific Trash Vortex: l'isola di spazzatura del Pacifico, di Patrizia Bonelli


Fino  all’80% di tutti i rifiuti nei nostri oceani è plastica,  causa di elevata mortalità sulla fauna marina, di impatto negativo sulla pesca e sul turismo, ed ha un costo annuo di almeno 8 miliardi di dollari per i danni agli ecosistemi marini. Ma da quale parte del mondo provengono la maggior parte di questi  oltre 8 milioni di tonnellate di plastica  che ogni anno finiscono negli oceani? E dove si dirigono e si accumulano? 

Il Pacific Trash Vortex: inquietanti conseguenze sull’ ecosistema
Secondo  studi pubblicati su riviste scientifiche come “Science”, “Science Advances” e “Environmental Science and Technology”, e come,  d’altra parte,  ampiamente noto, la maggiore quantità di plastica  riversata nel mare proviene dai paesi asiatici. Un dramma questo riconducibile all’elevata incontrollabile crescita demografica, allo sviluppo dell’ urbanizzazione costiera a discapito delle zone rurali e alla scarsità e all’assoluta  inefficacia dei qualsiasi metodo di raccolta, smaltimento e ancor meno di riciclo dei rifiuti.



Le riviste citate sostengono che, siccome sono i rifiuti a terra che determinano il dramma planetario dell’inquinamento da plastica negli oceani, sono solo i dieci i  grandi fiumi che veicolano il 90%  dei rifiuti; di questi solo due africani, il Nilo e il Niger. Gli altri scorrono tutti in Asia. Il fiume Azzurro, il fiume Giallo, il fiume delle Perle e Hai, in Cina oltre a Indo, Gange, Mekong e Amur.  Quando raggiungono la costa i rifiuti vengono spinti dalle correnti e incanalati  in cinque grandi vortici.

 Il Pacific Trash Vortex, (l’isola di spazzatura del Pacifico) è il più grande di questi: un’enorme concentrazione di frammenti di plastica che le correnti hanno accumulato nei decenni a largo dell’oceano Pacifico fra il Canada, la costa degli Stati Uniti e,   un po’ più a nord,  delle  le isole Hawaii. La valutazione delle sue dimensioni va  spazia da un’estensione pari alla Francia a due volte l’Italia, qualcuno sostiene che sia di oltre 10 milioni di kmq, maggiore dell’estensione degli Stati Uniti. Associazioni ambientaliste hanno chiesto provocatoriamente il riconoscimento dell’isola come stato sovrano,  Al Gore si è candidato a diventarne il presidente ed è stato proposto per questa nuova nazione  il nome di “Great Pacific Garbage Patch”. 

Iniziative come questa cercano di  sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi dell’inquinamento delle plastiche che mette in crisi l’ecosistema marino  e contamina anche l’alimentazione umana  perchè  molti dei pesci che mangiamo, anche se pescati  a largo delle coste, sono contaminati da idrocarburi.


Tuttavia il Pacific Trash Vortex non consiste in una distesa di sacchetti o bottiglie di plastica galleggianti sulla superficie dell’oceano,  come i rifiuti che cerchiamo di pulire dalle nostre spiagge preferite, o oggetti voluminosi che intrappolano organismi marini, ma di una incredibile concentrazione di frammenti di microplastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri. E’ così che si decompone, con luce del sole, la plastica, che non è biodegradabile.

Le microplastiche sono scambiate per cibo da pesci,  da molluschi, crostacei e uccelli, la concentrazione degli inquinanti organici presenti in questi frammenti entra, ed  aumenta ad ogni anello gradino della catena alimentare, fino ad arrivare sule nostre tavole . Ma ancora più inquietante per la modifica incontrollabile dell’ecosistema marino è il proliferare di alcuni organismi, alcune classi di insetti e invertebrati marini che utilizzano i residui solidi offerti dalla plastica  come supporto per deporre le uova e riprodursi in modo eccessivo.



"Clean Seas", Mari Puliti, una campagna delle Nazioni Unite

L’UNEP, programma ambientale delle Nazioni Unite lancia Clean Seas: 
Campagna globale per mettere fine ai rifiuti marini, alle microplastiche nei cosmetici e l'uso eccessivo e dispendioso della plastica monouso entro l'anno 2022, di Patrizia Bonelli
Ogni anno vengono scaricati nell'oceano oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, l’equivalente di un  camion a pieno carico ogni minuto. Per mettere fine a tale inquinamento, nel corso della conferenza di Nairobi nel dicembre 2017, è stata approvata  la risoluzione UNEP che incoraggia gli stati ad agire per prevenire la produzione e dispersione, in particolare dalle attività a terra, di rifiuti marini e microplastiche, coerentemente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dalle  Nazioni Unite (agenda 2030).

 Pur se nei limiti di un trattato non vincolante, la risoluzione promuove una riduzione significativa dei detriti entro il 2025,  senza tuttavia indicarne la misura, incoraggia gli stati membri a riconvertite l’economia alla circolarità e a  moltiplicare gli sforzi per il riciclo dei rifiuti, per il monitoraggio del loro  ciclo e per qualificare provenienza e quantità di ciò che finisce in mare.


 La campagna CleanSeas, Lanciata all'Economist World Ocean Summit a Bali, sollecita i governi a varare politiche di riduzione della plastica; indirizzare l'industria a ridurre al minimo gli imballaggi in plastica e riprogettare i prodotti; e invita i consumatori a cambiare le loro abitudini di uso della plastica - prima che si verifichi un danno irreversibile  nei nostri mari.
 Nel corso del 2018 la campagna  CleanSeas ha annunciato misure ambiziose da parte di paesi e aziende  per eliminare le microplastiche dai prodotti per la cura personale, vietare o tassare le borse monouso e ridurre drasticamente gli altri articoli in plastica usa e getta.
In effetti sono stati ottenuti dei risultati durante lo stesso vertice di Nairobi: Oman, Sudafrica, Cile e persino lo Sri Lanka hanno aderito alla campagna Clean Seas e diversi paesi hanno preso impegni di ampia portata per ridurre la marea di plastica. 



Argentina; una volontaria pulisce la spiaggia dai rifiuti di plastica

L'Indonesia si è impegnata a tagliare i suoi rifiuti marini di un massiccio 70% entro il 2025; l'Uruguay tasserà i sacchetti di plastica monouso entro la fine dell'anno e il Costa Rica adotterà misure per ridurre drasticamente la plastica monouso attraverso una migliore gestione dei rifiuti e l’educazione. 
In Italia, e in generale nell’Unione Europea,  i sacchetti di plastica sono stati sostituiti da quelli biodegradabili  dal 2011 e presto saranno vietate anche le bottiglie di plastica, che, anche se poi riciclate in indumenti di "pile", rimangono un pericolo per il futuro smaltimento e  sono comunque sempre troppi gli oggetti in plastica di uso comune .

C’è un grande fermento per la bonifica e la pulizia di tratti di costa e spiagge, magari con campagne condivise da paesi diversi,  con il coinvolgimento e la partecipazione di enti locali, autorità portuali, associazioni, aziende, scuole. Anche nel Mediterraneo, che sconta il fatto di essere un bacino chiuso e quindi maggiormente esposto al permanere dei rifiuti, sono all’ordine del giorno iniziative e progetti per la pulizia sia sulla sponda nord che sulla sponda sud maggiormente inquinata. Pur essendo  di grande impatto esemplare ed educativo, queste iniziative non contribuiscono a riducono ridurre la portata del problema.